La Cassa Depositi e Prestiti ha mantenuto negli oltre 150 di attività (fondazione risalente al 1850) un orientamento atto a incentivare e sostenere gli investimenti della pubblica amministrazione, e del settore delle imprese, con una particolare attenzione, in tempi moderni, soprattutto alle pmi. La CDP è strutturata come società per azioni, delle quali l’80% è di proprietà del Ministero del Tesoro, mentre il 19% circa è controllato da fondazioni bancarie.
A seconda del settore di interesse, la CDP è solita stipulare delle convenzioni, che possono avere carattere territoriale, oppure per area ( ne sono un esempio i finanziamenti atti a sostenere lo sviluppo delle energie alternative, prime fra tutte il fotovoltaico e le biomasse). Come tipologie di finanziamenti invece ricorrenti troviamo il fondo rotativo dedicato proprio alle piccole e medie imprese (per il quale bisogna vedere lo stanziamento che viene proposto di anno in anno, e rispetto al 2014 c’è stato un modesto incremento dei fondi nel 2015) e il Plafond “beni strumentali” (vedi anche Finanziamenti europei).
Per quest’ultimo, come si comprende dal nome, le somme stanziate sono destinate all’impiego per il rinnovo o l’implementazione dell’apparato produttivo, per lo più tramite un processo di svecchiamento dei macchinari e un passaggio, ove possibile, ai sistemi informatizzati e digitalizzati. Infine ci sono i fondi per lo sviluppo delle ricerche da parte delle imprese e quello della intermodalità (passaggio progressivo del trasporto su gomma ad altre forme meno inquinanti).
Le condizioni, requisiti, importi minimi e massimi, nonché i tassi applicati (fermo restando che si tratta sempre di forme di prestito agevolate), e le durate dei piani di ammortamento, sono sempre specificati nei decreti che stabiliscono anche i tempi e le modalità di richiesta (vedi anche Finanziamenti a fondo perduto).
E’ sempre bene informarsi in quanto, anche a fronte di tipologie ricorrenti (primo fra tutti il fondo rotativo), ci sono spesso delle modifiche che intercorrono tra un anno all’altro. Generalmente i piani di rientro non possono superare comunque i 15 anni di durata, mentre il livello di tassi di interesse è ben al di sotto della media delle banche, anche in vista di particolari accordi. Sempre tornando a quello rotativo, dalla sua introduzione si è fissato ad uno 0,50% che, ovviamente, può essere suscettibile di modifiche.