Quando un creditore deve agire per soddisfare il proprio credito, di fronte all’inadempienza del debitore, può richiedere il pignoramento di beni mobili o immobili del debitore. Può capitare che i beni siano detenuti da terzi (come ad esempio la banca presso la quale si hanno risparmi e conti correnti) o che ci siano dei terzi che abbiano a loro volta dei debiti verso il debitore principale. Per questi casi il codice di procedura civile prevede il pignoramento presso terzi. Vediamo insieme come funziona.
Rispetto ad un normale atto di pignoramento, quello presso terzi deve essere comunicato sia al debitore che ai terzi che detengono i suoi beni o che a loro volta hanno debiti dimostrabili nei suoi confronti. E’ necessario che nell’atto ci sia per entrambi i tipi di destinatario (ovvero tutti i “terzi” e lo stesso debitore) l’ingiunzione a non compiere degli atti dispositivi su beni e/o crediti che saranno assoggettati alla procedura di pignoramento stesso.
Quindi ad esempio nel caso del conto corrente bancario, nell’atto di pignoramento sarà disposto che né la banca e nemmeno il debitore dispongano della somma di importo pari a quella che deve essere pignorata (fermi restando i limiti previsti dalla legge a seconda della natura e provenienza delle somme, in caso di cointestazione del conto, ecc). Non solo, nell’atto deve essere specificato il tipo di beni oggetto del pignoramento e il relativo importo.
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E’ necessario che nell’ingiunzione, oltre all’importo del debito e tipologia di beni oggetto del pignoramento, devono essere riportate altre informazioni obbligatorie, quali:
Una volta ricevuta la notifica il ‘terzo’ è obbligato a comunicare al creditore (con raccomandata o pec, oppure con procuratore o difensore appositamente nominato) l’ammontare dei beni che ha presso di sé oppure l’entità del debito nei confronti del debitore principale.
Se non fornisce comunicazione e non si presenta all’apposita udienza, le somme riportate nell’atto, per il loro ammontare (e/o tipologia di beni) dovranno essere considerati non contestati, e quindi si potrà procedere al successivo pignoramento con ordinanza del giudice territorialmente competente. Comunque non potranno essere pignorati come beni o crediti:
Ricordiamo inoltre che i proventi da stipendi o in generale gli emolumenti destinati al mantenimento del debitore e della sua famiglia, potranno essere pignorati solo in parte. Nel particolare se il creditore è un privato o comunque un soggetto diverso da enti o agenti alla riscossione (ad esempio ex Equitalia) allora la misura massima pignorabile verrà decisa dal giudice, tenuta presente la necessità della vita familiare.
Di contro in caso di enti o agenti alla riscossione la misura massima è pari a un quinto dello stipendio, se questo è stato accreditato dopo il pignoramento. Se l’accredito è avvenuto in precedenza viene invece salvaguardata solo una somma pari al triplo dell’assegno sociale.
Per le pensioni la somma è condizionata dalla differenza tra l’importo percepito a titolo di pensione e l’equivalente importo dell’assegno sociale aumentato per la metà. Facciamo un esempio pratico riferendoci all’assegno sociale 2018 pari a 453 euro (approfondimento: Assegno scoperto).
L’importo salvaguardato sarà quindi pari a:
Percependo una pensione mensile pari a 1200 euro la cifra che potrà essere pignorata sarà così calcolata:
Sia per quanto riguarda lo stipendio che per la pensione ci troviamo infine di fronte ad alcuni altri limiti nel caso il creditore sia rappresentato da Equitalia ora sostituito dalle Agenzie delle Entrate. Questi sono definiti dal articolo 72-ter del d.p.r. numero 602/1973 e per il 2019 sono:
Come accennato sono previsti limitazioni anche nel caso degli importi presenti sul conto corrente. Questi variano ancora una volta a seconda che tali importi siano presenti già sul conto prima del pignoramento o dopo lo stesso. Nel primo caso (come già visto per l’accredito dello stipendio) potranno essere pignorate le somme eccedenti il triplo dell’importo dell’assegno sociale mentre nel secondo sarà il giudice a definire l’importo (comunque non eccedente ad ⅕).
Quanto detto all’interno dell’articolo vale anche per il pignoramento del Tfr che rientra a pieno diritto in quello presso terzi. Viene infatti fatto presso il datore di lavoro, il quale al termine della procedura, se non ci sono state contestazioni, e nella misura prevista dalla legge o decisa dal giudice, dovrà versare la somma direttamente al creditore.