Tra le forme di pignoramento alle quali può accedere un creditore, è prevista anche la forma del pignoramento del conto corrente. Tra tutte le modalità (soprattutto se paragonata al pignoramento immobiliare) questa segue una procedura abbastanza snella, che tuttavia cambia a seconda del creditore. Ovvero a seconda che a procedere sia l’Agenzia Entrate Riscossione (che dal 1 luglio 2017 ha sostituito nelle mansioni la soppressa Equitalia) oppure un creditore privato. In entrambi i casi i limiti di accesso alla procedura sono molto ridotti ed a cambiare è soprattutto l’iter da seguire.
Un pignoramento deve essere preceduto da una notifica di atto di precetto, alla quale poi segue l’atto di pignoramento vero e proprio. Detto questo se si tratta di un creditore privato, l’iter dovrà passare per forza attraverso il tribunale o meglio tramite l’autorizzazione di un giudice. Questo può portare a tempistiche abbastanza variabili e frequentemente vicine anche all’anno nelle quali.
Nel caso in cui il debitore è l’ Agenzia Entrate Riscossione la richiesta viene direttamente inoltrata alla banca che “custodisce” il conto corrente dopo 60 giorni dalla notifica della cartella che rappresenta di per sé un atto esecutivo. Il debitore ha tempo altri 60 giorni per trasferire la somma bloccata. Trascorso questo lasso di tempo l’Agenzia delle Entrate potrà farsi trasferire la somma stessa direttamente dall’istituto di credito.
Le procedure di recupero crediti prevedono il sostenimento di una serie di costi. E’ perciò abbastanza prevedibile che il creditore decida di avvalersi del pignoramento in funzione delle informazioni raccolte sulle disponibilità che il debitore ha sul o sui propri conti correnti.
Le informazioni sulla liquidità aggredibile può essere raccolta grazie alle varie banche dati, compresa la banca dati dell’Inps (che permette di conoscere quanto una persona percepisce come stipendio, se ha delle indennità, ecc) e l’anagrafe dei conti correnti. Nel particolare quest’ultima è accessibile:
Ci sono pochi limiti per il pignoramento del conto corrente che è però bene conoscere. Per prima cosa il pignoramento può riguardare solo una somma pari all’importo del credito che deve essere recuperato (approfondimento: Prescrizione debiti). A questo si aggiungono altri paletti variabili in funzione della categoria di appartenenza.
Nel particolare per i lavoratori autonomi e per le aziende non ci sono dei paracadute che impediscano di vedere addirittura svuotato il saldo del conto corrente. Ovviamente rimangono ferme le eventuali limitazioni previste dal diritto privato inerenti alla natura giuridica di società (quindi Srl, Spa, ecc). Per fare un esempio pratico il conto corrente intestato ad società a responsabilità limitata semplificata non può essere aggre se i debiti sono stati contratti personalmente da uno dei membri della società stessa.
Per quanto riguarda i dipendenti e i pensionati invece non tutto il saldo del conto corrente può essere pignorato anche se in funzione del suo impiego quale conto d’appoggio ove ricevere la pensione o lo stipendio. In questo caso la somma pignorabile sarà quella eccedente al triplo dell’assegno sociale. Quindi, ad esempio se l’assegno sociale è di 500 euro (in realtà varia di anno in anno in funzione delle rivalutazioni e nel 2018 è stato pari a 453 euro) ed il saldo del conto corrente è pari a 1000 euro, il creditore non può pignorare alcuna somma sul saldo.
Nella stessa casistica se il saldo fosse di 3000 euro ed il credito vantato di 2000 euro il creditore può pignorare ‘solo’ 1500 euro (3000 euro – 1500 euro). Per la soddisfazione dei 500 euro rimanenti può aggredire un quinto dello stipendio o della pensione fino alla completa soddisfazione del credito vantato. Fanno ulteriore eccezione a quanto detto finora le somme che vengono accreditate successivamente alla notifica del pignoramento (logicamente a titolo di stipendi, pensioni e tfr) che sono pignorabili nella misura massima di un quinto.
N.B. Ribadiamo che nel caso di introiti diversi da quelli derivanti da lavoro dipendente o pensione, i limiti di aggredibilità si avranno solo in caso di saldo negativo.
Approfondimento: Debiti ereditari.
Infine c’è il limite previsto in caso di conto cointestato. In questa ipotesi è pignorabile solo il saldo pari alla quota del debitore cointestatario. Se si tratta di un conto intestato a 2 persone la quota è del 50%, se è intestato a 4 persone (ipotesi spesso percorribile per i conti deposito) la quota è del 25%, e così via.
Il pignoramento funziona da “blocco” sia nel caso di un creditore diverso dall’Agenzia alla riscossione che da creditore privato. Se il debitore non versa le somme dovute al creditore, terminato il tempo di 60 giorni (nel caso dell’Agenzia delle riscossione) o i tempi del tribunale, le somme pignorate verranno accreditate al creditore stesso, generalmente con un provvedimento diretto da parte della banca.
Tutti i beni mobili compresi i conti correnti esteri possono essere aggrediti in caso di pignoramento sia nel caso di debiti dovuti al fisco che ad un creditore privato. Detto questo questo potrebbe essere complicato scoprirne l’esistenza soprattutto nel caso di istituti di credito stranieri che non sono iscritti all’anagrafe tributaria logicamente se non autonomamente dichiarati dal debitore stesso al Fisco.
Ma attenzione in base a quanto evidenziato ad esempio dalla sentenza di Cassazione nr.37136 risalente al 26 luglio 2017, alienare i propri beni mobili per evitare di pagare un creditore e nel particolare il pignoramento è un vero e proprio reato assoggettabile a sottrazione fraudolenta del pagamento delle imposte ed in tal senso punibile in base logicamente alla cifra. Un discorso ancor più evidente in caso di conti correnti ubicati nei cosiddetti paradisi fiscali.